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domenica 18 settembre 2016 - 07:27
di Massimo Barbero

I numeri nel calcio vogliono dire qualcosa. Fino al successo per 2-1 a Pescara dello scorso 12 marzo il Novara nel passato campionato per ben 9 volte aveva segnato per primo nelle gare giocate in trasferta. Quando non era accaduto spesso avevamo comunque sprecato delle occasioni clamorose nei minuti iniziali della gara (vedi Terni, Chiavari, Latina e persino Modena) dall’alto di un approccio sempre intraprendente, in qualsiasi stadio e contro qualunque avversario. Dopo l’exploit dell’“Adriatico” invece ci siamo trovati in vantaggio fuori casa solo a Bari nella notte del pirotecnico 4-3. Molto di frequente, per contro, da aprile in poi abbiamo compromesso i nostri risultati esterni con delle false partenze. E’ questo, ahinoi, il filo conduttore che lega l’ultimo Novara di Baroni al primo di Boscaglia. D’altro canto la squadra che ieri ha perso al “Tombolato” presentava nell’ undici iniziale ben otto giocatori su undici reduci dalla passata stagione. E’ come se, strada facendo, lo zoccolo duro dei Troest-Viola-Casarini-Faragò-Corazza-Galabinov avesse perso l’umiltà, la ferocia agonistica e la consapevolezza nei propri mezzi che aveva fatto del Novara dell’autunno 2015 una straordinaria macchina da trasferta. L’approccio mentale sbagliato (a Cittadella come ad Empoli) è l’aspetto che mi preoccupa di più in proiezione futura. Presentandoci così in punta di piedi, fuori casa di risultati se ne fanno ben pochi. In Veneto nel primo tempo il Novara si è limitato a giochicchiare, come se fosse una squadra di centroclassifica che nell’ultima parte del campionato non ha più stimoli particolari.

Per contro il Cittadella mi ha ricordato il Novara dell’autunno del 2010. Per gli automatismi quasi perfetti di una formazione che si trova a memoria. Per la serenità data dal essersi collocata (al momento) in una posizione al di sopra delle più rosee aspettative che rende possibili (ed apparentemente elementari) anche le giocate da urlo. L’ultimo Cittadella di Foscarini mascherava con urletti isterici (dentro e fuori dal campo e soprattutto da parte dei dirigenti in panchina) il complesso di inferiorità determinato dalla consapevolezza di dover sudare parecchio per guadagnarsi la salvezza. L’attuale Cittadella, almeno in questo momento della stagione, sa di poter imporre la forza del proprio gioco a quasi tutte le avversarie. Ieri ha presto mandato in tilt le certezze del Novara allargando insistentemente la manovra sulla destra dove Calderoni appariva in costante sofferenza di fronte agli avversari ed il movimento di Litteri e soprattutto Strizzolo ha mandato spesso fuori giri i nostri centrali, costretti di frequente a scalare per andare a chiudere il buco. Alla supremazia veneta dei primi 45 minuti il Novara ha opposto davvero poco. Non un’efficace gestione della palla, né tantomeno una minima pericolosità negli inserimenti. E nemmeno un pressing corale degno di questo nome. In situazioni del genere ci si attende che dalla panchina arrivi un segnale forte. Con un cambio, una variazione di modulo o almeno una sostituzione minacciata che faccia capire a chi sta in campo che così non si può andare avanti. Non è accaduto.

Come detto, il vantaggio granata risultava ampiamente meritato a quel punto. Fa male però verificare che sia arrivato a seguito di un gol viziato da un fuorigioco abbastanza clamoroso. D’accordo, il “Citta” sino a quel momento aveva fatto molto più del Novara per legittimare anche un pizzico di fortuna… ma caspita che dormita assistente Bellutti! Avrei voluto provare a giocare il secondo tempo partendo dallo 0-0. Chissà se i padroni di casa avrebbero avuto ancora tutta quella benzina per continuare a mandarci fuori giri…

Invece con un Novara proiettato in avanti per cercare la rimonta Iori e compagni hanno avuto vita facile nel colpire nuovamente un avversario malmesso e pasticcione. L’assolo che ha portato Strizzolo ad un’insperata doppietta e l’ingresso di un ispirato Adorjan hanno finalmente svegliato gli azzurri che per un quarto d’ora hanno messo a dura prova la resistenza dei padroni di casa. Anche in questo frangente gli episodi non sono stati dalla nostra parte: Sansone ha colpito un incrocio dei pali clamoroso e sul proseguo dell’azione Adorjan è stato affossato in area senza che Minelli battesse ciglio. Poi Faragò ha avuto un paio di occasioni nitide (su una Alfonso ha sfoderato un vero capolavoro) per riaprire il match. I rimpianti maggiori sono però per non aver visto una squadra azzurra altrettanto convinta e propositiva per tutto il resto della gara. Nell’unico momento di sofferenza Venturato ha attinto a piene mani dalla propria panchina mentre Boscaglia ha continuato ad attendere che la gara cambiasse da sola. Quando Litteri (scattato ancora in posizione quantomeno sospetta) ha superato Da Costa con quello strano pallonetto di testa prima di infilare una porta ormai sguarnita, i padroni di casa avevano già ripreso da qualche minuto il controllo della gara grazie all’innesto di forze fresche. Eppure la prestazione di Adorjan ed il gol confezionato (troppo tardi) da Bajde e Di Mariano ci insegnano che la panchina è un valore a cui attingere con maggiore fiducia, specialmente quando le cose non girano.

Mi chiedo quanti di voi in estate avrebbero stracciato la tessera se il Novara avesse sostituito il giustamente rimpianto Gonzalez… con lo Strizzolo, il Manconi o il Marra di turno. Eppure i Cittadella sparsi per la penisola ci ricordano, quasi ogni anno, che in serie B e nelle categorie ancora inferiori umiltà, stimoli e l’ambiente giusto talvolta possono valere di più di nomi celebrati. L’importante è avere fiducia nei giovani e lasciarli crescere e sbagliare, specialmente se provengono dalla Lega Pro o da ancora più sotto. E con altrettanta naturalezza non considerare nessuno un “intoccabile” tale da non poter essere messo in competizione con chi ha ancora un pedigree calcistico non all’altezza del compagno più affermato.

Non so dove arriverà questo Novara. Oggi sono preoccupato come voi, ma  altrettanto conscio che 4 giornate di campionato siano un lasso di tempo troppo breve per poter esprimere dei giudizi con piena cognizione di causa. Sin troppo facile ricordare che un anno fa di questi tempi a punteggio pieno c’era il Livorno… e gli azzurri balbettavano ad Avellino in una sfida infrasettimanale giocata con un centrocampo ed un attacco molto diversi da quelli che avremmo visto per quasi tutto il resto della stagione. La sera del sofferto 0-0 del “Partenio” pochi avrebbero immaginato che saremmo finiti, al netto della penalizzazione, ben 18 punti avanti alla truppa di Tesser (e per qualche settimana del deludente Marcolin).

Di una cosa però sono assolutamente certo: non dobbiamo ripetere l’errore di tre anni fa quando abbiamo passato tutta la stagione a cercare un capro espiatorio. A settembre era tutta colpa di Ludi. Ad ottobre di Salviato e con lui di Potouridis, Mori e Bastrini. A novembre di Aglietti. A dicembre di Comi e Iemmello. A gennaio di Calori. A febbraio di Gonzalez. A marzo di Rigoni e Parravicini. Da aprile in poi nuovamente di Aglietti e magari di Lazzari (guai a cederlo solo qualche mese prima!), di un impresentabile Lepiller e di Perticone. Fino al psicodramma finale dei play out con Pavoletti a fare l’ago della bilancia tra Novara e Varese. Se fossimo rimasti uniti ed avessimo sfruttato le intere potenzialità di una rosa certamente costruita male (ma comunque in grado di salvarsi tranquillamente) avremmo scongiurato il peggio. Invece a fine maggio tra capri espiatori (spesso giubilati dall’allenatore stesso) ed infortunati gravi non avevamo praticamente più giocatori da mandare in campo con le conseguenze del caso. Ovviamente al 18 di settembre qualsiasi paragone con le stagioni belle e/o brutte del passato è certamente azzardato, ma è un “mantra” da tenere a mente, specialmente nelle giornate meno felici. Esattamente come è altrettanto autolesionistico convincersi che queste sofferenze iniziali siano la conseguenza forse inevitabile della campagna acquisti estiva. Recuperiamo gli otto/undicesimi del Novara che l’anno passato valeva un posto nei play off su quegli stessi livelli di rendimento eppoi scopriremo certamente che ci sono dei valori importanti anche nei calciatori arrivati a Novarello negli ultimi tre mesi.

Dunque si vince o si perde tutti assieme, senza elementi più responsabili degli altri o beniamini da assolvere. E senza il comodo alibi del “è tutta colpa del tecnico” che, da Tesser in poi, concediamo troppo facilmente ai calciatori azzurri ai primi risultati negativi. Per intenderci da quando non è più possibile recitare  l’ormai superato “è tutta colpa di Borgo”.

Allora testa bassa e convinti e carichi al lavoro in vista della sfida con il Latina di dopodomani. I 4 mila che al “Piola” non mancano nemmeno quando c’è la bufera e/o gioca il Renate sono pronti ad applaudire comunque un Novara che dimostrasse di avere dato tutto in campo (come a Cittadella purtroppo si è visto solo per alcuni sprazzi della ripresa) per l’intera contesa. Degli altri, di quelli che vengono solo se il tempo è bello, se la squadra gira (o se c’è il sadico gusto della contestazione che  li attira) e se i biglietti costano poco non ce n’è importa un fico secco… Da innamorato azzurro un grazie di cuore a tutti coloro che erano a Cittadella a tifare… e, smaltita la delusione, di nuovo compatti sugli spalti a gridare… Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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