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domenica 25 settembre 2016 - 08:29
di Massimo Barbero

In estate lo Spezia ha ceduto Catellani e Calaiò e, negli ultimi giorni di mercato, anche Iemmello che era appena rientrato alla base per sostituirli. E ieri non aveva nemmeno Piccolo, Pulzetti, Errasti, De Col. Al loro posto giocavano (oltre ad un Granoche ripescato in extremis tra gli svincolati ed apparso nelle condizioni di forma di un Beppe Folli agostano) alcuni giovani scovati tra squadre “Primavera” e categorie minori per iniziare un nuovo ciclo. Cambiare non vuol dire per forza ridimensionare visto che questo Spezia è partito meglio di quello che riusciva a fare quello di Bjelica, alimentato da investimenti più corposi. La differenza, al momento, rispetto alla nostra realtà, è che quella di Di Carlo è già una squadra, mentre quella di Boscaglia non ancora. Il gap di esperienza e qualità rispetto allo Spezia che aveva acciuffato la semifinale con un grande girone di ritorno è evidente, ma gli “aquilotti” vi possono sopperire dall’alto di un’organizzazione comunque collaudata ed, attualmente, superiore a quella azzurra. Vero, se Casarini non avesse fallito un’occasione colossale sul punteggio di 0-0 ora probabilmente parleremmo di un’altra partita. Ed obiettivamente il pareggio sarebbe stato un risultato più che meritato per un Novara che, fino al gol incassato, aveva creato di più dei padroni di casa. Ma se nella singola partita può essere l’episodio a fare la differenza, alla lunga il campionato non mente. Lo Spezia ha cominciato la stagione post semifinale play off con 6 risultati utili consecutivi, il Novara con 3 sconfitte in altrettante trasferte. Non può essere solo frutto del caso.

Un anno fa dopo lo 0-2 di Terni, quando avevamo lo stesso, identico, ruolino di marcia (5 punti in 6 partite) ma la penalizzazione ci relegava all’ultimo posto avevo difeso a spada tratta il lavoro di Baroni, sfidando l’opinione di quasi tutti i frequentatori del “muro”, pienamente convinto che presto sarebbe cominciata la risalita. Oggi non sono altrettanto ottimista perché questa squadra ha dei problemi che nemmeno il cambio di modulo operato nelle ultime due gare ha davvero risolto. Il più evidente è quello di una solidità difensiva tutta da trovare (9 gol presi in 6 gare). Anche in partite gestite con relativa tranquillità come quella del “Picco” commettiamo degli errori che ci costano carissimi. Il secondo è quello di non disporre di valide soluzioni contro squadre chiuse a difesa di un risultato. Quando gli altri pensano solo a proteggere la propria porta la nostra manovra (che negli spazi regala anche momenti di gioco brillante) diventa quasi sempre ampiamente prevedibile. In una categoria equilibrata come la serie B poi molto spesso sono i particolari a fare la differenza. E per trascinarli a proprio favore occorrono una maniacale dedizione ed una ferocia agonistica che il gruppo dei “superstiti” dell’anno passato sembra aver smarrito sin dall’ultimo panettone natalizio. La differenza è che nel girone di ritorno dell’anno scorso ci potevamo cullare sugli allori (punti) dell’andata. Ora la classifica scotta ed è il momento di darsi una mossa prima che subentrino anche ansie e paure pericolose.

Detto tutto il male possibile del Novara di La Spezia, va anche rimarcato che la prova del “Picco” è stata comunque decisamente più confortante di quelle offerte nelle ultime due trasferte. Una settimana fa avevo scritto che giocando come a Cittadella di punti ne avremmo fatti ben pochi fuori casa. Oggi, per onestà, devo dire che non sempre capiterà di perdere partite esterne in cui si è creato più dell’avversario, come è successo in Liguria.

Stavolta ci siamo presentati sul terreno di gioco decisamente bene, riuscendo a pungere in maniera pericolosa sin dal primo affondo. Col passare dei minuti la formazione di casa ha aumentato la pressione in mezzo al campo mettendoci in qualche imbarazzo anche dal punto di vista fisico. Gli unici pericoli per noi però sono giunti quando ci siamo fatti sorprendere in situazioni nate dai numerosi calci d’angolo conquistati da Nenè e compagni. Per contro quando riuscivamo a superare la cerniera eretta con un mirabile pressing dai padroni di casa a centrocampo eravamo in grado di creare grossi grattacapi alla difesa spezzina. Prima dell’intervallo Casarini ha gettato alle ortiche una palla gol per troppo altruismo ed un’altra (su appoggio di Sansone) sbagliando incredibilmente a tu per tu con Chichizola.

La ripresa è cominciata al piccolo trotto, le due squadre sembravano aver dato il loro meglio dal punto di vista fisico, anche alla luce dei tre impegni ravvicinati. In questo frangente il Novara si è adagiato troppo presto al basso ritmo degli avversari commettendo una serie di pericolosi errori in fase di palleggio, specialmente con un Da Costa insolitamente impreciso nei rinvii di piede. Fino all’azione che ha deciso la partita. Sull’1-0 mi aspettavo una reazione decisamente diversa da parte degli azzurri. D’accordo, nei cinque minuti finali abbiamo colpito un incrocio dei pali e mancato un’altra occasione clamorosa. Ma sono stati due episodi ravvicinati nel contesto di una gara gestita, in quel frangente, con una certa tranquillità da parte della formazione in vantaggio. Boscaglia ha inserito quasi tutti gli attaccanti e/o esterni offensivi che aveva in panchina. Io, almeno come terza sostituzione, avrei provato la carta Viola per ritrovare un po’ di qualità in mezzo al campo e non ridurre la manovra allo scontato cross dal fondo. Insomma se l’1-1 appare il risultato più giusto alla luce di quello che si è visto in campo, non dobbiamo cullarci nella consolazione di essere stati solo sfortunati. Bisogna fare comunque di più per raddrizzare e/o ribaltare il risultato di una partita.

Le note positive vengono dai progressi degli esterni difensivi che paiono aver recuperato una condizione almeno accettabile e dalla conferma a buoni livelli di Adorjan anche in versione trasferta. Il centrocampo a tre consente maggiore libertà di inserimento ai nostri mediani che ora hanno spazi che prima erano di competenza del solo Faragò. Per contro in mezzo al campo Selasi stavolta ha girato un po’ a vuoto e davanti è lecito certamente attendersi di più da Sansone e Galabinov.

Rispetto al dopo Terni di un anno fa c’è anche una differenza ambientale. Allora l’assoluta maggioranza era convinta che tutte le colpe fossero di Baroni e che sarebbe bastato esonerare il tecnico criticato dai pescaresi per ricominciare a volare. Da un certo punto di vista avere un “capro espiatorio” (un po’ come lo era diventato Borgo nelle ultime stagioni a Novara) liberava gli altri da ulteriore pressione. Oggi c’è maggiore varietà di pensieri negativi. Certo, una bella fetta di gente c’è l’ha Boscaglia, ma quasi tutti sono nel contempo convinti che la campagna acquisti non sia stata all’altezza e dunque una bella fetta di responsabilità sia anche (o soprattutto?) di Mds e Teti nell’ordine che preferite. Ed a cascata di Galabinov o Sansone, Koch o Calderoni, Scognamiglio o Troest… e chi più ne ha più metta…

Dopo una dormita ristoratrice proviamo a riportare un po’ di ordine. Se i tifosi azzurri si aspettavano un Novara determinato a costruire una squadra per puntare decisamente alla serie A oggi hanno tutte le ragioni per ritenersi, a buon diritto, delusi perché questa rosa non è all’altezza di quelle allestite da Verona, Cesena, Carpi e compagnia briscola. E probabilmente inferiore anche a quella che l’anno passato si era spinta fino alla semifinale play off.

Se l’obiettivo (come dichiarato dalla società) è invece quello di una salvezza il più possibile tranquilla condita da qualche soddisfazione, allora anche questo Novara è perfettamente in grado di raggiungere quello che si era prefissato in estate. A patto di dare tutti il proprio meglio, senza mai farsi travolgere dall’emotività dei vari momenti: dal Presidente all’ultimo dei tifosi, passando ovviamente per ds, tecnico e squadra. Lottare per la salvezza non vuol dire trovarsi al terzo posto a Natale ed a Pasqua come è successo l’anno passato. Può succedere, è una bella sensazione, ma non è la regola. La “vera” rincorsa alla salvezza passa anche attraverso frangenti complicati come questo (o ancora più difficili) da gestire e superare attraverso l’unione e la coesione, non con i processi sommari a chicchessia. Sembra che il Novara (inteso come realtà complessiva) non riesca a calarsi nel ruolo della Ternana di turno del campionato di serie B. Quando non si riesce a issarsi in alto con una serie di vittorie da urlo… come successo nel 2010, nel 2013 ed ancora nel 2015 si finisce con lo sprofondare inevitabilmente in basso. Invece esiste una via di mezzo, certamente non altrettanto esaltante, ma comunque ampiamente decorosa che permette di rincorrere i 52 punti senza cicliche crisi di nervi.

Sono cresciuto cullandomi nella leggenda del racconto del “Novara anni settanta”: una squadra che ogni estate rinunciava ai propri uomini migliori per evidenti ragioni di cassa ma riusciva poi comunque a galleggiare nel successivo campionato di serie B forte di un Presidente trascinatore nonchè di uno zoccolo duro di giocatori coesi e determinati. E del sostegno di un pubblico caldissimo che rendeva la vita complicata anche agli squadroni calati nel nostro stadio “vecchio”. L’“effetto Alcarotti” l’ho poi ritrovato, in parte, anche nel dispersivo “Piola” nei primi anni duemila quando Sergio Borgo ha saputo risvegliare e per, qualche anno, coalizzare dalla propria parte quella città che Di Chiara aveva appena definito “grigia metallizzata”. Era solo (nella migliore delle ipotesi) C1, ma in Viale Kennedy era difficile passare per tutti perché la curva trascinava la tribuna ed il resto dello stadio verso un sostegno incondizionato. Non a caso i punti li lasciavamo all’Acireale o al Como di turno quando la gente pensava che la vittoria fosse “scontata” e quasi un dovere da assolvere, non al Genoa, all’Arezzo o allo Spezia. E’ davvero utopistico sperare di ricreare almeno quell’ambiente da anni 2002-2003-2004 per difendere, tutti assieme, questa benedetta serie B? Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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