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lunedė 17 ottobre 2016 - 06:41
di Massimo Barbero

Quando sei reduce da 4 sconfitte in altrettante trasferte… non puoi permetterti di perdere anche la quinta partita di fila fuori casa in pieno recupero… Può succedere di soccombere se affronti un avversario decisamente superiore. Non puoi lasciare un risultato  comunque positivo per un episodio sui titoli di coda, quando l’attenzione dovrebbe essere massima, specialmente per chi è già stato scottato in passato. Il fatto che si trattasse di un derby che non ci vedeva battuti da 15 anni rappresenta un’ulteriore aggravante, come si dice in  gergo, “ad effetto speciale”.

Io, onestamente, ho la sensazione che Boscaglia e molti calciatori azzurri non si siano ben calati nella realtà nella quale si trovano. Che non abbiano ancora compreso che dovranno sudare le proverbiali sette camicie per tirarsi fuori dalle secche della bassa classifica in cui si sono infilati. Che alla decima di campionato non bastano più belle parole e buoni propositi, ma servono dei punti. Che nello specifico di Vercelli i nostri non si fossero del tutto resi conto di quanto grande sarebbe stata la differenza tra un 1-1 da archiviare con qualche rimpianto ed una sconfitta oltre il novantesimo. Di solito un punticino in più o in meno non fa grande differenza, ma stavolta in gioco c’era di più, molto di più. Perché si trattava della partita maggiormente sentita dell’anno che aveva risvegliato una tifoseria azzurra che, come al solito, ha stravinto il derby sugli spalti. Perché anche un pareggio (dopo l’1-0 all’Ascoli) ci avrebbe consentito di affrontare le prossime due gare casalinghe ravvicinate con il contorno di un ambiente relativamente tranquillo. Così invece… al di là dei campanilismi… ci abbiamo lasciato una bella fetta di serenità.

La partita di Vercelli, se analizzata da sola, potrebbe essere scambiata per un episodio sfortunato o comunque casuale. Ma messa in fila con le trasferte precedenti di La Spezia e Benevento rappresenta un rumoroso campanello d’allarme. Perché è ormai consolidata la fragilità di questa squadra che può essere perforata da un momento all’altro, anche quando sembra avere la situazione in pugno.

Al di là degli episodi, la differenza al piccolo “Piola” l’hanno fatta, nel bene o nel male, i due allenatori. Longo ha interpretato la sfida da “cuore granata”, cercando di provocare gli avversari (bravissimo Dickmann all’inizio nel non cadere nel tranello) eppoi immolandosi in un’espulsione fin troppo scontata (alla Sergio Borgo direi…) quando si trattava di rianimare il proprio pubblico dopo la prodezza di Sansone. E da fuori ha comunque avuto il coraggio di azzardare i cambi giusti inserendo un centrocampista con caratteristiche più offensive (Emmanuello per Palazzi) poi una punta vera per sfruttare le amnesie azzurre in area di rigore (La Mantia). E soprattutto allargando il vivace Mustacchio sull’out dove sino a quel momento Calderoni aveva spinto parecchio. La Pro ha avuto l’umiltà di aspettare il Novara per non concederci gli spazi che sullo 0-0 ci aveva lasciato soprattutto lo Spezia. L’ha fatto però senza mai rinunciare a provare a vincere.

Boscaglia invece si è adagiato all’inerzia del match, forse convinto che comunque la superiorità tecnica alla fine avrebbe fatto la differenza. Senza avere il coraggio di tentare qualcosa di diverso (Di Mariano o Bajde forse potevano avere in canna il colpo “alla Emmanuello” molto più del diligente Corazza). E senza nemmeno avere lo sfrontato (o saggio?) realismo di far di tutto per portare a casa almeno la pelle.

Il primo grattacapo di questo Novara si chiama Galabinov. Non possiamo permetterci di giocare senza di lui perché non ci sono vere alternative in rosa (e questa è la pecca più evidente del mercato estivo). Ma attualmente il bulgaro è l’ombra del giocatore che nella passata stagione, anche nei periodi di apparente apatia, sapeva tirare fuori da un momento all’altro la prodezza in grado di risolvere la partita. Calciava senza pensarci, talvolta persino da fermo. Ieri ha fruito di un paio di situazioni in cui sparare verso la porta avversaria ed ha indugiato in maniera insolita e allarmante anche in prospettiva. Sull’altro fronte la Pro schierava un Ebagua certamente distante dalla miglior condizione. Però l’ex del Varese probabilmente almeno quello che Longo si aspettava da lui l’ha fatto: andando a guadagnarsi dei falli con un po’ di mestiere, “rognando” su ogni pallone, mettendo perfino in difficoltà Scognamiglio con un’accelerazione sulla fascia. Galabinov invece da troppe gare risulta impalpabile ed ovviamente non abbiamo più l’Evacuo di turno da avvicendargli come ad ottobre di un anno fa quando stava vivendo una fase di involuzione analoga.

Il secondo problema si chiama Scognamiglio. Un giocatore che sembra in condizioni fisiche approssimative e che pare inadatto al calcio di Boscaglia che predilige centrali più rapidi e veloci tanto da preferirgli Beye (con risultati migliori) fino al maledetto infortunio della settimana scorsa. Ovviamente con l’ex del Trapani ad essere (o ad andare) in difficoltà è un po’ tutto il reparto che in trasferta finora ha sempre incassato gol pesantissimi. Ci illudevamo che segnando per primi anche fuori casa le cose sarebbero cambiate ed invece purtroppo non è stato così. La Pro Vercelli non ha fatto cose trascendentali per pareggiare, ma sul calcio d’angolo che ha portato all’1-1 abbiamo lasciato più di un giocatore avversario libero di colpire.

Detto delle mancanze principali di questo soffertissimo inizio di campionato, quello che mi preoccupa è che in queste settimane non si sia fatto granchè per correggerle. Ci sta che Boscaglia difenda ad oltranza la prestazione ed i suoi giocatori nelle interviste del dopogara (anche se andrebbe fatto con toni diversi rispetto a quelli usati a Vercelli) ma nelle mura dello spogliatoio bisogna lavorare a delle soluzioni per invertire la rotta. Invece vedo che si opera per tentativi, non troppo convinti. Il centrocampo viene rivoluzionato (per interpreti o ruoli) quasi ogni volta. E la squadra non riesce a costruirsi delle certezze, piccole o grandi che siano. Bolzoni è stato lanciato titolare alla prima giornata (al posto di Casarini squalificato) e riproposto ieri in corsa dopo un guaio muscolare. Ed invece se si crede nel suo recupero bisogna puntare su di lui con continuità. Per un ciclo di almeno 4-5 partite in cui possa ritrovare il ritmo partita che manca ad un centrocampista fermo da tanto tempo. Altrimenti difficilmente potrà rivelarsi pronto anche per dei subentri in corsa come quello di ieri. Discorso analogo si può fare per Kupisz, Selasi, etc… gente che passa di colpo dall’essere titolare a non essere considerata nemmeno per i cambi durante la partita. Dopo 10 gare di campionato bisogna avere chiare in testa delle gerarchie, dando il tempo ai singoli di ciccare anche qualche prestazione.

Il derby calcistico più amaro che la mia memoria ricordi (mi ha riportato alla mente quel gol dell’ex Pino Marzella in una sfida hockeistica del 1986) ci ha però lasciato anche qualche indicazione positiva che bisogna sforzarsi di considerare, nonostante tutto. In primis che Viola è un giocatore che anche quando non è al cento per cento dev’essere comunque impiegato in questa squadra. Perché garantisce una qualità sulle palle inattive che nelle settimane passate non avevamo. Perché è il centrocampista in rosa che più di tutti gli altri può estrarre in qualsiasi momento la giocata in grado di liberare in porta un compagno. La prodezza di Sansone oggi fa soltanto male a riguardarla, ma è la conferma che questo giocatore ha i numeri per essere ancora determinante, in questa categoria. Può agire da seconda punta o trequartista e, specialmente in trasferta, è l’elemento che sposta l’ago della bilancia, nel bene o nel male. Quando cala lui si spegne la luce per il Novara ed a tal proposito dovrà diventare decisivo anche l’approccio in corsa dei diversi uomini in rosa in grado di sostituirlo, almeno come mansioni.

All’indomani di un pomeriggio sportivo nerissimo… mi auguro che questa sconfitta abbia almeno l’effetto positivo di un elettrochoc per il nostro Novara. Così non si può andare avanti ed è bene che tutti se ne rendano conto prima che sia troppo tardi.  Chissà che in questo senso la forte delusione non si riveli, alla lunga, più salutare di un pareggio con qualche complimento. Almeno voglio illudermi di questo per provare a digerire il boccone amaro.

Sono contento di ritrovare sabato al “Piola” Toscano, un grande lavoratore, una persona che per il Novara ha dato il 110 per cento e forse di più e che ha ricevuto (anche) critiche immeritate dal punto di vista tecnico. Spero che per lui ci sia un bell’applauso al momento dell’ingresso in campo… come spetta di diritto a coloro che hanno scritto le pagine più belle della storia azzurra. Poi per tutti i 90’ di gioco (possibilmente recupero compreso) dovremo dare battaglia al suo Avellino. E ci sarà da soffrire perché lo staff del mister calabrese prepara in maniera eccellente le proprie squadre dal punto di vista atletico con un duro lavoro estivo che di solito, guai muscolari a parte, dà i suoi frutti proprio da metà ottobre in poi con effetti duraturi fino a fine stagione. Le formazioni allenate dal “cannibale” sono sempre andate in crescendo… anche quando la società di turno non ha avuto la pazienza di aspettarlo… ed i risultati li ha raccolti il mister subentrato (vedi Breda a Terni).

Oggi il risveglio è stato brutto. Sarà dura persino andare a lavorare… Ma è comunque un altro giorno… e dopo l’innegabile magone di ieri sera… ho di nuovo voglia di lottare e di gridare… Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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