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di Massimo Barbero

La battuta d’arresto di Trapani suona come un vero e proprio campanello d’allarme proprio per come è maturata. Raramente ricordo una sconfitta di misura che ci abbia visto tanto arrendevoli nell’ultima mezzora di gioco quando c’era ancora tutto il tempo per raddrizzarla. Dopo la doppia occasione capitata sui piedi di Galabinov e Kupisz (subito dopo il 2-1 di Maracchi) il Novara è praticamente uscito dal match, incapace di qualsiasi reazione al cospetto dei granata, giustamente galvanizzati dalla rimonta.

Non che fino all’1-0 di Galabinov avessimo fatto grandi cose. Ho l’impressione che la nostra squadra non sappia adattare lo spartito delle gare che affronta in trasferta in rapporto al valore degli avversari e delle situazioni contingenti. L’atteggiamento che può andar bene a Verona contro la superfavorita del campionato o a Perugia contro una formazione decisamente superiore, mal si adatta al confronto con un Trapani che andava “spaventato” per fare emergere la fragilità di una formazione reduce da una lunga sequenza di sconfitte. E’ bastato affondare qualche volta con convinzione per far sbandare i padroni di casa che dietro non erano certo impenetrabili. Ma l’abbiamo fatto di rado. Dei cinque di centrocampo il solo Calderoni riusciva ad essere propositivo anche in fase di spinta, senza limitarsi ad un rinculare all’indietro che ha finito con il far prendere coraggio alla squadra fanalino di coda.

E’ vero che fino all’1-0 di Galabinov avevamo rischiato pochissimo (ricordo un’uscita salva risultato di Da Costa in apertura e poco altro) ma è altrettanto pacifico che continuando a concedere calci d’angolo, mischie e rinvii svirgolati da Eolo a ridosso della nostra area di rigore qualcosa prima o poi doveva accadere.

Il terzo centro consecutivo di Andrey pareva aprire scenari decisamente diversi per il morale di un Trapani  che avvertiva l’ombra dell’ennesimo scivolone casalingo. Purtroppo non c’è stato il tempo di sfruttare la nuova situazione perché il pareggio è arrivato quasi subito. Il solito Nasca ci ha messo lo zampino con un rigore quantomeno generoso… ma noi in quel frangente eravamo apparsi sin troppo affannosi nel difendere il vantaggio appena conquistato.

Come spesso è accaduto fuori casa, l’episodio negativo ci ha fatto precipitare in un vortice senza fine. Come (in parte) a Vercelli e (soprattutto) a Terni siamo crollati appena dopo aver incassato il pareggio. Dopo il 2-1 di Maracchi e l’occasionissima di Kupisz non c’è più stata partita. La squadra di casa ha legittimato la vittoria con le opportunità fallite da Citro, con la conclusione di Barillà sventata da Da Costa e con quella clamorosa traversa di Kresic. Boscaglia ha fatto quello che tutti avremmo tentato in quel frangente: rinunciare ad uno dei cinque difensori per rinforzare l’attacco con l’ingresso di Macheda. Purtroppo gli effetti sono stati nefasti perché non siamo più riusciti ad affacciarci nella metà campo granata. Nemmeno l’ingresso (forse tardivo) di forze fresche quali Bolzoni e Di Mariano ci ha mai riportato in partita. C’era il vento a condizionare la gara, d’accordo, ma il Trapani ha giocato meglio in entrambi i tempi, sia con le folate a favore che con le folate contro. Calori ha vinto la partita rinunciando ad una vera e propria punta di peso per mettere in difficoltà i nostri centrali con la rapidità ed i movimenti a svariare di Citro, Coronando e Nizzetto. Il confronto in termini di velocità (specialmente nella ripresa e specialmente al cospetto di Troest) è stato impietoso. Pareva di vedere andare le due squadre a due marce differenti. In un certo senso questa partita mi ha ricordato la nostra prima del nuovo anno (recupero di Varese a parte) nel gennaio 2014 quando avevamo in panchina proprio Calori e tre nuovi acquisti freschi spediti subito in campo. Anche allora eravamo andati sotto nel primo tempo contro l’Avellino (guarda caso.. gol di Galabinov) per poi travolgere gli irpini nella ripresa al di là del 2-1 finale dall’alto di una brillantezza finanche esagerata che ci aveva illuso oltremisura. Correvamo tanto, persin troppo perchè da quel momento non avremmo mai più corso così per tutto il proseguo del campionato… E’ questa l’unica spiegazione possibile (e spero davvero… di cuore… plausibile) per un confronto che al “Provinciale” è apparso impietoso.

La partenza di Faragò non può bastare da sola a giustificare una controprestazione tanto preoccupante. L’assenza di un solo uomo, per quanto di fondamentale importanza, non assolve gli altri da svolgere il loro compito consueto. Il problema principale è dato dal fatto che questa squadra non ha centrocampisti di riserva all’altezza o quantomeno non li ha cresciuti né coltivati: non ha più Faragò e Buzzegoli, ma non ha nemmeno il “vero” Bolzoni e tantomeno un Selasi sui livelli dei suoi primi mesi a Pescara. Ieri era chiaro sin dall’intervallo che sarebbe stato opportuno cambiare le cose in mezzo al campo per riequilibrare l’andamento della gara, ma gli uomini non c’erano Bisogna intervenire perché nemmeno Kupisz  è parso a proprio agio nelle mansioni di interno.

Se c’è un aspetto positivo di questa sconfitta è che il campanello d’allarme di cui parlavo in apertura è suonato in tempo utile… con il mercato di gennaio ancora aperto per una decina di giorni. Non provvedere adesso dopo quel che si è visto sul campo in Sicilia vorrebbe dire accettare il rischio di un epilogo di stagione molto sofferto.

Come avevo ipotizzato nel primo commento dell’anno, la cessione di Faragò (ancor più di quella di Gonzalez della scorsa estate e della rinuncia anticipata a Poli dell’inverno scorso) apre la strada a scenari diversi dal recente passato, meno tranquillizzanti. Mai prima d’ora, infatti, dal 2006 ad oggi, l’attuale proprietà aveva rinunciato a campionato in corso (prestiti a parte) ad un elemento di cotanta importanza. Il “danno” tecnico  al momento è innegabile, anche se potremo quantificarlo in maniera precisa solo alla scadenza del 31 gennaio. Quello maggiore però è a livello caratteriale perché Paolino era davvero l’elemento a cui aggrapparci per ritrovare in campo quel “cuore azzurro” che alla squadra di Boscaglia pare davvero essere venuto meno dopo le numerose partenze dell’estate 2016.

Ho letto, in settimana, qualche messaggio sul “muro” che fotografa al meglio la situazione: ci sta di fare cassa (o meglio di rientrare dagli esborsi) vendendo mammano i ragazzi che escono da un vivaio a cui il Novara riserva attenzioni ed investimenti particolari; l’importante però che ciò avvenga per dare un respiro più ampio al progetto, con nuovi innesti anche in prospettiva. Semplificando vuol dire: io Faragò l’avrei ceduto solo avendo già in mano l’uomo giusto per sostituirlo e non prima… altrimenti il rischio  diventa superiore al guadagno più o meno immediato.

Di fronte a Paolino in rossoblu ora posso ammetterlo… Baravo sapendo di barare (per amor di patria) all’indomani della gara con il Carpi quando scrivevo che al posto suo avrei aspettato fine stagione per fare il grande salto in serie A. Per carità io l’avrei fatto davvero per mere ragioni di cuore, ma ovviamente parlo da “malato di Novara” non da calciatore professionista. Ero ben conscio invece come un giocatore come Faragò fosse pronto subito. Perché ha la struttura fisica, il temperamento e l’umile consapevolezza che lo porta ad affrontare Scacabarozzi del Renate e Hamsik del Napoli con lo stesso piglio e comunque sempre senza presunzioni di sorta. D’altronde la sua impresa più significativa l’ha già compiuta: nel corso degli anni ha sconfitto con i fatti il pessimismo novarese che l’aveva bollato irrimediabilmente come “mia bom” vincendo anche quella sfiducia collettiva che circonda da decenni i ragazzi nati nella nostra città (e dintorni) e che in passato aveva finito un po’ con il condizionare il rendimento in azzurro di Testa, Guatteo, Cusaro etc…

Il GRAZIE più sentito dunque va a Paolo per tutto quello che ha dato alla nostra maglia… Ed un piccolo grazie lo voglio dedicare anche a quell’Attilio Tesser che ha avuto il coraggio di lanciarlo in prima squadra (a Reggio Calabria ed ad Ascoli dal primo minuto) nel momento più tormentato della sua irripetibile avventura sulla panchina azzurra. E’ stato davvero un bel regalo d’addio caro Komandante!

Detto questo… prendetemi come egoista… ma mai come questa settimana ho maledetto il calciomercato invernale capace di strappare anche un ragazzo d’oro come Faragò alla sua realtà quotidiana per trasportarlo, di colpo, in un sogno che avrebbe meritato invece le tempistiche del calcio di una volta, quello in cui a luglio ed agosto c’era almeno il tempo di pregustare ciò che sarebbe poi accaduto per una stagione intera…

Tornando al discorso dell’editoriale sulle presenze allo stadio della scorsa settimana… il bambino Massimo Barbero di anni 10 ben difficilmente si sarebbe innamorato del pallone e del Novara vedendo il proprio idolo di allora Fabio Scienza prelevato nel bel mezzo di un allenamento pomeridiano e portato a giocare in un altro angolo della penisola. Ahimè i tempi sono cambiati, il calcio però adesso è questo e, volenti o nolenti, indietro certamente non si torna…

Ed allora difendiamo la nostra passione rispondendo al tifo dei pisani sabato prossimo con un sostegno caldo ed incondizionato alla nostra squadra…  Se c’è un bel ricordo che mi lascia questo week end in Sicilia pieno di vento e pioggia… è l’immagine del tifo incessante e degli applausi spontanei che tutto lo stadio “Provinciale” ha riservato per la propria squadra straultima (per ora) in classifica. E’ la dimostrazione concreta che l’entusiasmo non dev’essere per forza la conseguenza dei risultati, ma talvolta persino la spinta migliore per ottenerli.

Sabato è tempo di un’altra battaglia contro un Pisa galvanizzato dalla tranquillità societaria e dai nuovi arrivi… Vietato mollare come purtroppo hanno dato l’impressione di fare ieri in campo troppo presto i nostri giocatori…  Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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