L'editoriale Azzurro
domenica 19 febbraio 2017 - 08:34
di Massimo Barbero
E se il Novara uscito dal sofferto mercato di gennaio fosse, nel complesso, persin più solido e competitivo di quello che pure aveva in rosa Faragò e Viola? Il dilemma mi frugava nella testa venerdì notte, ancora inebriato dalla grande gioia dei tre punti e dalla birra bevuta nel postgara con gli amici-colleghi di Latina. Calma, non basta una vittoria, peraltro striminzita, per dimenticare ciò che Paolino (soprattutto) e Nicolas hanno dato alla causa azzurra. Però qui onestamente dobbiamo rendere merito anche alla bravura di Teti, un ds di cui in molti si ricordano solo quand’è il momento di sottolineare qualche acquisto rivelatosi non azzeccato o di rimarcare, purtroppo, l’ennesimo infortunio di Bolzoni. Invece se agli incassi garantiti alla società durante la recente sessione invernale dovesse davvero corrispondere una squadra capace, quantomeno, di conservare fino alla fine un posto nell’attuale zona-tranquillità tutti dovremo finalmente dare a Domenico quel che è di Domenico: un ds capace di cogliere le qualità di elementi che trovavano poco spazio a Brescia, Cesena o Perugia e di individuare il prospetto giusto in un centrocampista nato a Barcellona che in Italia era transitato solo durante le vacanze estive, mentre fino a due settimane fa militava nel campionato cipriota.
Ovviamente adesso non dobbiamo fare l’errore opposto del dopo Trapani o del dopo 31 gennaio quando il futuro ci sembrava completamente buio. Come scrivevo all’indomani di Salerno, siamo già stati scottati abbastanza (intendo finora… c’è sempre tempo per ricredersi ancora…) dalla parabola discendente di Selasi che ha fatto seguito all’ottimo debutto (guarda caso con il Latina) per giudicare le potenzialità di un nuovo acquisto dalla sua partita d’esordio. Però l’impatto dei vari Macheda, Chiosa, Cinelli, Lancini ed Orlandi è stato complessivamente così confortante che adesso vien naturale lasciarsi andare ad un (cauto) ottimismo in vista del proseguo della stagione.
Se la stanchezza del lungo viaggio in auto con l’amico Paolo non mi ha del tutto annebbiato le idee ed i ricordi… supplementari di Bari a parte.. era dal 2-1 confezionato dal duo Bertani-Gonzalez a Piacenza nel novembre 2010 che non provavamo l’adrenalina di una vittoria in trasferta conquistata negli ultimissimi minuti come è successo venerdì sera.
Onestamente sarebbe stata una partita da pareggio come tante altre giocate fuori casa (e talvolta perse) in questa stagione. Però, rispetto al passato, stavolta nel momento più delicato della ripresa non abbiamo sofferto del classico “braccino corto”. Abbiamo provato a vincerla senza mai perdere gli equilibri. E finalmente con la determinazione per farla da padrone contro un avversario che, di suo, non aspettava che di essere rinfrancato dalle nostre paure.
Il Latina ha mostrato le cose migliori all’inizio dei due tempi quando ha dato la sensazione di poterci mettere in difficoltà con il pressing esasperato sui nostri portatori di palla e gli inserimenti di Insigne (soprattutto) e Buonaiuto. Per fortuna il Novara ha saputo rispondere colpo su colpo. Nel primo tempo con la dedizione di Cinelli, con il sacrificio di un Macheda pur meno brillante del solito in avanti, con l’abilità di Da Costa nell’uscire dall’area per andare ad intercettare un contropiede su lancio lungo dalle retrovie che sembrava risultarci fatale. E nella ripresa grazie ai cambi (anche coraggiosi) operati da Boscaglia.
Onestamente temevo che l’uscita di Cinelli ci potesse costare parecchio nei contrasti in mezzo al campo. Invece Orlandi è entrato con una convinzione ed una personalità tali da allontanare subito il ricordo vannucciano di quel Jensen che all’esordio contro il Galliate camminava in mezzo al campo. Il centrocampista di Barcellona ha fatto capire ai compagni che si poteva fare e comunque ci si doveva provare fino alla fine. Il suo ingresso ha permesso una divisione di compiti più marcata con Casarini, poi chiamato soprattutto a fare legna. L’inserimento di Kupisz ha fiaccato un Latina stanco ed allungato che ha ripiegato (invano) su un più prevedibile 4-4-2. E Galabinov ha tratto nuove motivazioni dalla rabbia del rigore trasformato in punizione dal limite da una non corretta interpretazione del duo Baroni-Di Salvo (rigorosamente con la i…). Senza trascurare i grandi meriti del ritrovato Dickmann che di colpo ci ha fatto dimenticare una partita prudente ed accorta con l’intuizione, l’irresistibile discesa e l’assist che ci sono valsi tre punti d’oro.
Al di là del felicissimo epilogo, ho la sensazione che venerdì 17 (come in poche altre occasione è capitato fuori casa nell’attuale campionato) i nostri siano scesi in campo a Latina con la consapevolezza che quello che stava per andar in scena era a tutti gli effetti uno scontro diretto. Con le conseguenze del caso. Se avessimo perso saremmo finiti a soli due punti dalla truppa di Vivarini. Così si aprono, almeno per il momento, prospettive diverse. Vietato rilassarsi pericolosamente come forse avvenne dopo il 2-1 al Carpi (ed il conseguente + 6 sulla zona play out) ma adesso abbiamo un prezioso gruzzoletto di tranquillità da gestire. E non siamo lontani da quell’ottavo posto afferrato in extremis all’ultima giornata della passata stagione.
Va detto, sempre per obiettività di analisi, che siamo capitati a Latina in un momento di comprensibile disorientamento per una squadra e una tifoseria che hanno visto le promesse di pagamento del giorno prima da parte dei nuovi proprietari trasformarsi, a poco più di 24 ore dal fischio d’inizio della partita col Novara, in una piena adesione alla richiesta di fallimento avanzata dalla Procura a metà gennaio (ipotesi fino all’ultimo sempre respinta dai diretti interessati). Nel leggere l’azzardata interpretazione della vicenda offerta da un quotidiano sportivo nazionale (si titolava di operazione salvataggio accettata dal Tribunale) ho ripensato con orgoglio al cammino del nostro Novara, mai interrotto in 108 anni di storia da fallimenti o vicende analoghe. Un piccolo-grande “scudetto” di cui dobbiamo andare fieri e per il quale voglio ringraziare, ancora e sempre, tutti coloro che, con sforzi piccoli o grandi, ci hanno comunque garantito la sopravvivenza anche nei momenti sportivamente più bui.
Al candidato presidente Abodi mi vien da chiedere se il calcio che vorrebbe proporci nei prossimi anni (ovviamente qualora venisse eletto alla massima carica federale) è lo stesso calcio che abbiamo digerito negli ultimi periodi di gestione della sua Lega di B: un calcio che, col proposito di salvare piazze certamente meritevoli, tende la mano ai Pablo Dana (e fino al 2014 anche ai Mezzaroma) di turno o a gente quali gli amministratori attuali e passati del Latina (e fino al 2015 del Varese). Se questa diventasse la costante dopo l’insediamento del nuovo Presidente Figc… ben difficilmente il nostro amato pallone troverebbe tanti altri investitori seri disposti a misurarsi in un confronto impari con chi le regole non le rispetta. E con i presidenti seri probabilmente scapperebbero di conseguenza anche gli ultimi veri innamorati del pallone, già stremati da una serie di limitazioni dentro e fuori dagli stadi e poco propensi a fare da “claque” a stucchevoli teatrini che alla lunga provocano un genuino voltastomaco.
Vabbè… stiamo affrontando discorsi troppo irti e complicati… pensiamo ad affrontare Spezia e Benevento… due tra le squadre che più si sono rafforzate nello scorso mercato di gennaio perché sono andate a caccia di (pochi) giocatori determinanti piuttosto che di (tante) figurine da scambiare con altre società. Non sarà semplice, anche alla luce delle assenze destinate inevitabilmente a rincorrersi in questa fase della stagione, ma finalmente sappiamo che ci proveremo tutti assieme. Come hanno fatto i 14 giocatori andati in campo a Latina che fino alla fine hanno lottato all’unisono con i grandi cuori azzurri che li hanno seguiti anche in una delle trasferte meno agevoli (per giorno lavorativo, distanza ed orario) della stagione… Forza Novara sempre!!!
Massimo Barbero
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