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domenica 03 giugno 2018 - 09:30
di Massimo Barbero

A determinare la nostra caduta, inattesa e dolorosa, sono stati più gli errori di carattere tecnico, di campo per intenderci, oppure gli sbagli e la mancanze societarie?

Fin troppo facile rispondere che una retrocessione è sempre la somma di errate valutazioni ed approssimazioni su ambo i fronti. Questo è evidente ed incontestabile e la stagione appena conclusa ne rappresenta un esempio concreto. Ma quale aspetto del Novara Calcio 2017-18 ha finito con l’influire negativamente anche sull’altro, trascinandolo (e trascinandoci) inesorabilmente verso il precipizio? Maniero e Sciaudone e compagnia briscola si sono intristiti mammano che le presenze di Mds a Novarello ed al “Piola” si diradavano…

Oppure sono stati le modeste prestazioni sul terreno di gioco che ci hanno fatto credere, via via, che anche tutto il resto, il contorno alla squadra, non funzionasse a prescindere? Ritengo che l‘annata da prendere a modello per dare una risposta almeno un po’ sensata sia sempre l’anno di azzurre montagne russe 2012-13, ovvero il campionato divenuto celebre per la “remuntada”.

Se vi ricordate bene all’inizio non era stata certo una passeggiata di salute. A fine novembre, con il Novara penultimo e vittima di una clamorosa serie di sconfitte, sul banco degli imputati erano finiti innanzitutto Massimo De Salvo, non più propenso ad investire come nelle auree stagioni del doppio salto e sempre più lontano dallo stadio e dal Villaggio Azzurro ed il duo Faccioli-Giaretta, oggetto di una decisa contestazione (scattata dalla curva ed applaudita da tutti gli altri settori) durante la gara beffardamente persa con il Livorno. A gennaio erano cambiate le cose dal punto di vista societario? Direi proprio di no…

Mds ha continuato logicamente a programmare i propri viaggi di lavoro in Romania ed altrove… sprezzante dello scandire dei turni di campionato…. E Faccioli e Giaretta non sono stati affiancati dal Capozucca di turno come qualcuno si augurava… Per contro improvvisamente il Novara ha smesso di zoppicare… E poi si è messo addirittura a volare, per circa 2-3 mesi esaltanti. I prestiti di Seferovic e Crescenzi, lo svincolato Colombo (ora alla Pro Patria…) e l’esplosione del giovane Bruno Fernandes, che aveva cominciato la stagione in Primavera, hanno ribaltato i rapporti di forza rimediando al flop di acquisti estivi di modesto rendimento quali Alborno, Piovaccari, Parravicini, Barusso, Baclet… Aglietti, un allenatore bravissimo nel lavorare nel breve periodo, ha fatto il resto motivando a dovere ed impiegando al meglio i vari Buzzegoli, Lazzari, Perticone e Lepiller  che pure avevano cominciato maluccio.

L’anno dopo è accaduto l’esatto contrario con i giocatori presi per sostituire le nostre pedine migliori non all’altezza dei loro predecessori (e molti tecnicamente non al livello della categoria) e lo stesso Aglietti presto in conflitto con alcuni “senatori” del gruppo. Il Novara dell’era Massimo De Salvo ha vissuto e ci ha fatto vivere anni e campionati di autentica altalena: 3 promozioni, ma anche altrettante retrocessioni, 2 stagioni in cui ci siamo spinti in pompa magna fino alle semifinali play off per la A ed altre 2, all’inizio di questo ciclo, nelle quali non siamo arrivati nemmeno  vicini ai play off per la B.

Eppure al di fuori dal campo non è cambiato granchè in questi anni: il Novara del Gruppo Policlinico di Monza non è mai stato troppo diverso da sé stesso nel corso di questi 12 campionati. Con i suoi pregi, ed i suoi difetti. Con la sua estrema affidabilità ed i limiti di una gestione sin troppo “signorile” da apparire talvolta distaccata agli occhi della gente.

I discorsi “da bar” che si fanno ora sugli sprechi per Novarello non mi sembrano molto diversi da quelli che si sentivano alla fine dei campionati targati Bellotto e Notaristefano… allo sfumare anche dell’obiettivo minimo… giusto un paio d’anni prima del clamoroso salto in serie A. La grande differenza in fondo la fa sempre il campo. La determinano le scelte tecniche, nel bene o nel male. Quando un paio di anni fa avevamo una rosa con un’ossatura di elementi “da serie A” (molti di loro giocano in serie A proprio adesso o ci sono appena passati) ed un attacco con Gonzalez, Galabinov ed Evacuo tutti assieme… che ci importava della presenza di Massimo De Salvo alle partite o agli allenamenti oppure di chi fosse il nostro Direttore Generale.

Tutto sembrava bello perché le vittorie in serie (o semplicemente le emozioni della rincorsa play off) coloravano d’azzurro anche l’intero contorno.Purtroppo nella sua ultima stagione a Novarello Teti ha messo insieme un organico che dal punto di vista temperamentale era l’esatto opposto di quello affidato eppoi plasmato da Mimmo Toscano.

Ho letto qualche commento “da muro” secondo cui quella del 2014-15 era una rosa da B che per una strana congiuntura (leggi mancato ripescaggio) si era trovata di colpo a ripartire dalla categoria inferiore. Non concordo. In effetti c’erano alcuni elementi di valore, quasi tutti reduci dalla retrocessione di Varese. Ma a parte Evacuo, Garofalo ed i due sampdoriani (Tozzo e Corazza) era stato ingaggiato proprio un plotone di calciatori “da serie C”: Martinelli, Gavazzi, Foglio, Freddi, Garufo, Bergamelli, Bianchi, Della Rocca…  Con la fame giusta e l’orgoglio adatto per presentarsi a Meda, Pordenone o Bolzano senza pericolosi complessi di superiorità. Chi rischiava di diventare vittima della propria presunzione (vedi Perticone per esempio all’esordio a Monza…) era stato ceduto per tempo.

Tornando ai giorni nostri… il Novara 2017-18 era una squadra tecnicamente più forte di alcune formazioni che ora festeggiano meritatamente la salvezza, ma dall’animo e dall’atteggiamento tremendamente perdente. Perdente per la storia personale di diversi giocatori reduci da retrocessioni in serie e perdente per l’atteggiamento di supponenza di alcuni uomini di maggiore esperienza. Un gap caratteriale che l’estrema signorilità di Corini e Teti forse non poteva colmare e che nemmeno Di Carlo, abituato a stare nella parte sinistra della classifica almeno in B, è più riuscito minimanente a correggere. Alle prime difficoltà ci siamo puntualmente sciolti. In diverse partite, in modo particolare in casa ed anche nella storia di un campionato virtualmente finito con la figuraccia del derby d’andata (malgrado una classifica allora apparentemente rassicurante). Dal 4 novembre in poi abbiamo raccolto 27 punti in 30 partite: semplicemente una media da ultimo posto.

Ecco qui sta la maggiore criticità all’interno dell’attuale società Novara Calcio. Nell’incapacità di trovare gli anticorpi giusti per correggere le situazioni più complicate. Dal 2007-08 ad oggi ci siamo trovati solo 3 volte a dover lottare davvero per non retrocedere, ma ahinoi tutte e 3 le volte siamo poi puntualmente retrocessi… come se non riuscissimo a andare controvento. Non può essere del tutto un caso. Passi per la Serie A e persino per la strana annata finita a Varese (con gli alibi degli infortuni in serie in primavera e di un avversario dello spessore di Pavoletti nel testa a testa play out) ma stavolta mannaggia, nel campionato appena concluso, avevamo tutte le possibilità per venirne fuori… magari a fatica… ma avremmo dovuto venirne fuori a tutti i costi… Probabilmente mai come quest’anno c’è stata una sottovalutazione del rischio. Un errore che onestamente ho commesso anch’io, illudendomi per diverse volte nel corso della stagione che ce la potessimo comunque fare. L’ultima volta mi è successo dopo l’avvento di Di Carlo ed i 3 gol di Puscas a Cittadella. Francamente a metà febbraio ero convinto che sarebbero bastati loro due per venirne fuori…Ludi all’inizio del suo (non semplice) lavoro ha una grande fortuna: quella di aver vissuto non troppo tempo fa, da protagonista, la realtà di uno spogliatoio vincente. A partire dagli anni in cui c’era Sergione Borgo a motivare la truppa fino al biennio magico della squadra targata Sensibile-Tesser, esaltata da interpreti di qualità sulle fondamenta di un gruppo sano, costruito negli anni dai predecessori. Ora Ludi deve dedicarsi a fare ciò che probabilmente gli riesce meglio: interpretare, capire e decifrare degli uomini ancor prima che dei calciatori. Nei 20-25 giorni trascorsi a fianco della squadra di Di Carlo (dopo l’esaltante parentesi con la Primavera) il neo ds azzurro, sovrapponendo idealmente il Novara delle due promozioni consecutive con quello naufragato il 18 maggio scorso, avrà potuto rendersi conto meglio di tutti noi di che cosa non funzionasse… per intervenire adesso di conseguenza. Contratti e budget permettendo.

La priorità ora è quella di cedere, piazzare altrove gente demotivata… per puntare su (pochi) uomini veri, pronti a rialzarsi dalla sconfitta con ancora determinazione di prima. Con il contorno di una manciata di giovani azzurri (Primavera e ragazzi di ritorno dai prestiti) e l’asse portante della nuova squadra da scegliere tra uomini in grado di fare la differenza in categoria. Può apparire un paradosso dopo una retrocessione, ma il problema maggiore adesso non è tanto di natura tecnica, quanto di comportamenti, stimoli e motivazioni. Dopo la caduta di Varese c’era comunque una base “sana” da cui ricominciare: Pesce, Buzzegoli, Gonzalez… i giovani Faragò e Vicari e lo stesso Ludi, purtroppo allora capitano non giocatore.

Onestamente oggi non riesco a spingermi oltre 2-3 nomi su cui puntare…. Al nuovo DS azzurro il compito innanzitutto di leggere oltre le pieghe di una stagione disgraziata per scovare qualche elemento in più desideroso di riscatto o capace di vincere il motivato scetticismo attuale con le prestazioni, proprio come ha saputo fare per un decennio in  maglia azzurra l’allora centrale di Viadana.Non è male ripartire da gente come Ludi, Morganti e “Jack” Gattuso (che sarà ancora al suo posto tra i giovani). Gente che ha il Novara nel sangue, che con il Novara ha vinto molto, ma con l’azzurro addosso ha dimostrato anche di saper soffrire nei momenti più difficili. Per poi crescere e migliorarsi di continuo con l’impegno quotidiano ed il valore della serietà quale esempio da trasmettere agli altri. Ragazzi che nella buona e nella cattiva sorte incarnano comunque nella maniera più naturale l’orgoglio di essere e rappresentare il Novara Calcio.La nostra ferita purtroppo si chiama serie C, ma questa, ahinoi, è una ferita destinata a non rimarginarsi ancora per un bel po’ di tempo…

Forza Novara Sempre!

Massimo Barbero

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