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L'intervista a "Jimmy" Fontana
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martedė 17 ottobre 2017 - 13:30
per lui un passato nel Novara e nel Palermo

Quando pensi a Palermo-Novara, la mente ti porta subito a “Jimmy” Fontana, portiere con un passato sia in azzurro che in rosanero. Tre stagioni sotto la Cupola di San Gaudenzio, un triennio entrato nella storia del club “sono tantissimi i fotogrammi che mi porto nel cuore. Eravamo un gruppo unico: ricordo ancora dov’ erano seduti tutti i miei compagni e l’importanza che avevano i vari Ciccio Evola o i vari Mavillo Gheller. Ognuno era determinante per gli altri, fossero titolari o riserve; non ho mai visto in 20 anni di carriera una coesione così forte. Il segreto era il grandissimo rispetto delle regole societarie e delle scelte di Attilio Tesser. Grazie a ciò, siamo riusciti a scrivere pagine storiche sul diario azzurro che rimarranno impresse per sempre”.

A Palermo, nella stagione 2001-2002, hai vissuto l’ultimo campionato prima dell’avvento di Zamparini. Cosa ricordi di quella stagione? “Si, è stato l’ultimo anno di Franco Sensi alla guida del sodalizio. Ricordo una città innamorata di calcio: avevano appena vinto la Lega Pro e l’entusiasmo era contagioso. L’amore dei palermitani, un’esplosione che è continuata a crescere poi con l’avvento di Zamparini e l’approdo in Serie A. L’arrivo di giocatori di grido che hanno permesso al Palermo di vivere anni strepitosi”.

Tornando al Novara: in molti ricordano la tua “folle gioia” esplosa al triplice fischio finale di Novara-Padova. Una promozione coltivata giornata dopo giornata. C’è stato un momento dove hai pensato “ce la possiamo realmente fare"? ”Sarebbe troppo semplice dire che ci ho creduto veramente dopo il gol di Rigoni. Credimi, sensazioni positive le avevo già avute durante il ritiro pre-campionato: quell’estate avevamo cambiato solo 2 titolari, con l’arrivo di Morganella e Marianini; abbiamo centrato la Serie A con 9/11 proveniente dalla Lega Pro”.

Quali sono le differenze maggiori che hai riscontrato tra Palermo e Novara? “Non è possibile fare questo tipo di discorso perché sono due città, due piazze molto diverse. La differenza sta nella pressione maggiore da parte dei tifosi palermitani verso la propria squadra. Anche una diversa gestione sugli allenatori: Zamparini in questi anni ne ha cambiati tantissimi, mentre De Salvo ha spesso dato continuità, centrando gli obiettivi prefissati. In Sicilia, dopo la retrocessione dello scorso mese di maggio, sono rimasti diversi giocatori e credo che lotteranno fino alla fine per la promozione diretta contendendosela con Empoli e Frosinone. Riguardo al Novara sono contento della conferma di Domenico Teti e dell’arrivo di Corini che è stato mio compagno al Torino.  Quando lo vedo in panchina mi sembra di rivederlo ancora giocatore: un DNA vincente, una di quelle persone che quando le vedi giocare capisci che diventerà un grande allenatore”.

A Palermo ci lega il ricordo del primo esonero di Tesser, forse la fine del ciclo più bello. Cosa ricordi di quel pomeriggio e di quel mesto ritorno? “Me lo ricordo bene quel momento, ci restai molto male. Non era più il gruppo della Lega Pro e della serie B, avevamo cambiato molto ad incominciare dalla direzione tecnica con l’addio di Pasquale Sensibile. Forse in quel momento era necessario un cambio in panchina, anche se poi durò poche giornate perché era come togliere il bambino alla propria mamma. A bocce ferme, con il senno del poi, sarebbe magari stato diverso l’esito finale se Tesser quel pomeriggio fosse rimasto saldo in panchina. Resta comunque un anno nel quale il Novara ha fatto la sua figura in Serie A, retrocedendo in maniera molto dignitosa”.

La separazione dal Novara è giunta in maniera consensuale, arrivata in un momento molto particolare della tua vita con l’accusa di esser stato parte attiva dello scandalo calcioscommesse. Sentenze successive ti hanno restituito giustamente dignità e hanno evidenziato la verità che tutti noi credevamo fin dall’inizio: la tua estraneità nei fatti contestati. Secondo te, senza quella pagina extra calcio, la tua carriera sarebbe potuta continuare nel Novara magari come preparatore dei portieri o dirigente? “Non ti nascondo che quel periodo è stato il più difficile della mia vita. Mi era crollato il mondo addosso in maniera improvvisa. Fin dall’inizio ho avuto paura che da quel momento si sarebbe interrotto per sempre il mio rapporto di fiducia con il Novara. Non fu così e ci tengo a sottolinearlo: De Salvo ha sempre creduto in me e io lo ringrazio. Con lui, con Domenico Teti ho tuttora un rapporto di grande stima reciproca. In quel momento era giusto che le strade si dividessero, la vita è fatta di coincidenze, di particolari. Certo, non ti nascondo che quando vedo Ludi un po’ mi ci rivedo. Magari senza quella pagina nera ora il mio percorso sarebbe stato diverso. Ho intrapreso un’altra strada e sono innamorato del mio lavoro. Non dimentico però ciò che ho vissuto lì da voi e ogni volta che per lavoro ritorno a Novarello o al Piola è come ritornare a casa”.

Per te anche un libro di Marco Matheu intitolato “il portiere di riserva”… “Il portiere di riserva è un ruolo marginale che sono riuscito a far diventare un ruolo specifico. Per esempio Samir Ujkani potrà confermarlo: per lui ero un valore aggiunto, una spalla su cui appoggiarsi anche nel momento del bisogno. Determinante è capire i propri tempi, i propri spazi e non fallire le chance che durante un campionato arrivano, circa 3-4 volte. Nello spogliatoio devi essere un punto di riferimento, l’amico di tutti”.

Oggi sei un affermato procuratore di calciatori: sono della tua scuderia gli azzurri Sansone, Montipò, Benedettini e Farelli. Soffermandoci su Montipò: ti ha sorpreso questa crescita esponenziale? “sono l’unico procuratore ad avere tutti i tre portieri di una squadra. Su questo punto ci scherzo spesso con Teti. Su Montipò che dire: quando lo vedevo allenarsi e giocare in Primavera mi si illuminavano gli occhi. Mi sono folgorato di lui quando ha iniziato a giocare tra i Professionisti. La sua forza va oltre al campo: ha una personalità importante. Dopo l’errore che ha fatto con il Frosinone era già pronto a riscattarsi e a Brescia si è visto. Riguardo Sansone il primo a pensare che possa essere più incisivo è lui stesso. Gianluca è un professionista esemplare che si allena a mille. E’ sempre l’osservato speciale delle difese avversarie. Sono sicuro che quando recupererà da questo infortunio potrà essere il valore aggiunto di questa squadra. A Novara si trova benissimo sia come città che come tifoseria; è la piazza ideale per lui. E penso che Corini sia proprio l’allenatore giusto per lui”.

Sabato sarà la volta di Palermo-Novara “i rosanero sono molto forti, ancora imbattuti. Hanno dalla loro il fattore ambientale ma di fronte si troveranno un Novara in ascesa. Il lavoro di Corini sta venendo fuori; non è assolutamente una gara segnata”.

Una piacevole chiacchierata che non può non chiudersi con un saluto ai tifosi azzurri “io al Piola torno spesso e volentieri e ancora percepisco l’amore nei miei confronti che c’era anni fa. A questa città, a questi tifosi dirò sempre grazie. Perché mi hanno trasmesso la loro passione, il loro attaccamento”.

Daniele Faranna


 

 

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