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martedė 27 agosto 2019 - 11:04
di Massimo Barbero

C’è stato un momento ad inizio ripresa, ancora sullo 0-0, nel quale la Juve B ha dato la sensazione di voler alzare il ritmo per concretizzare finalmente cotanto, sterile, possesso palla.
In quel frangente il rischio peggiore era perdere di paura… subire, prima o poi, il golletto irrimontabile senza nemmeno aver provato a vincerla.

Squadra e pubblico però non si sono fatti intimorire, anzi hanno subito rilanciato la posta. Dagli spalti hanno capito ed alzato i decibel. Ed in campo gli azzurri hanno sfidato i quotati avversari in duelli sempre più carichi di orgoglio e lucidità agonistica.Sul terreno del “Piola” si sono confrontati tanti “quasi” ventenni. Quelli in maglia bianca e pantaloni arancioni sembravano oggettivamente un po’ più bravi nel far girare la sfera.

Ma il calcio, per fortuna, non è soltanto questo. Molto spesso a fare la differenza sono cuore e testa. Quasi sempre è la voglia di vincere a spingere nella direzione giusta anche rimpalli che paiono semplicemente casuali. Era tanto tempo che non mi riusciva di identificarmi così appieno con il Novara che vedevo in campo. Dagli spalti vivevamo ogni pallone come se toccasse a noi spazzarlo, giocarlo o rilanciarlo.Ho visto cuore e coraggio, ma non solo. Ho visto una squadra (azzurra) corta, organizzata, stretta, non lasciare spazi ad una Juve B che sembra la lontana parente di quella che nel gelo del “Moccagatta” ci aveva affrontato con l’umiltà di una formazione a caccia di punti salvezza, con dieci uomini dietro la linea della palla a rincorrere ed a ringhiare dietro ai nostri.

Il 4-3-3 di Pecchia (un tecnico che tre anni fa ha vinto la B e due anni fa allenava in serie A) invece è molto più in linea con l’idea sarriana di calcio. E così finalmente il progetto juventino di una seconda squadra in C (che pure continua a non piacermi) comincia ad avere qualche logica.I bianconeri hanno mantenuto il comando delle operazioni per quasi tutta la gara, ma sono riusciti ad impensierirci solo con qualche tiro da fuori ed in occasione dei calci piazzati. Probabilmente la partita è iniziata come Banchieri l’aveva immaginata.

Con il Novara chiuso, attento, ma spietato nel ripartire come si è visto in qualche percussione di Bortolussi ed in occasione del tentativo di Fonseca su palla sradicata da Collodel.Dopo il quarto d’ora però le cose non sono andate altrettanto bene. Abbiamo iniziato a fare fatica nel rilanciare l’azione, i tre attaccanti si muovevano poco e male. E fatalmente nel finale di tempo ci siamo abbassati concedendo qualche metro di troppo agli ospiti. Un atteggiamento che pareva il preludio di un secondo tempo di ulteriori sofferenze.Invece quella prima frazione senza danni ci è servita per spazzar via ogni remora di carattere psicologico, qualsiasi (comprensibile) emozione. Non dimentichiamo che per Nicolas e Ricky era la “vera” prima volta da titolari nello stadio di casa e per Cassandro la prima tra i professionisti. E per altri era comunque il debutto davanti al nuovo pubblico.

Dal tunnel degli spogliatoi siamo rientrati pronti a giocarcela fino alla fine. Malgrado il campanello d’allarme del colpo di testa di Lanini (sicurissimo Marchegiani), sin da quel salvataggio di Muratore mi sono convinto che prima o poi il calore della “Nord” avrebbe spinto il pallone nella porta giusta. E così è stato! Dopo il rimpallo vincente tra Pablo e Pogliano, per una decina di minuti abbiamo giocato con una tale carica che in quel frangente avremmo messo sotto persino il Real Madrid.

L’ingresso di un motivatissimo Nardi (eppoi di Schiavi) ci ha permesso di passare a quattro in mezzo al campo e di ritrovare anche equilibrio e distanze giuste. Gli unici momenti di apprensione sono coincisi con i problemi fisici di Pogliano e Sbraga al centro della difesa.

Chi mi conosce bene sa che se ieri pomeriggio fosse sceso un angelo dal cielo sulla terra a chiedermi cosa avrei voluto di regalo per la serata… avrei risposto “vittoria con gol di Collodel sotto la Nord”. E’ successo ed a lungo sono rimasto paralizzato dalla paura che qualcuno o qualcosa mi svegliasse da un sogno tanto bello. E’ successo ed ovviamente non voglio farmi travolgere nei commenti e nei giudizi dall’emozione e dall’affetto per Ricky.

Ed allora vi chiedo, secondo voi, quante partite avrebbe giocato il Collodel visto ieri nel centrocampo del Novara ‪2018-19‬?Credo che un momento così gratificante per la società azzurra vada dedicato a dirigenti, tecnici e ragazzi del settore giovanile che, lontani dalle luci della ribalta, ogni giorno, lavorano a Novarello. Una piccola “cantera” azzurra che insegna calcio, ma soprattutto trasmette valori e senso d’appartenenza. Una linfa vitale a cui attingere in modo particolare in un momento storico come questo nel quale sembra finita l’epoca di certi investimenti.

Ma non sarebbe giusto limitarsi a fare i complimenti ai giovani. Se ieri i ragazzi sono riusciti ad esprimersi nella maniera migliore un grosso merito va anche agli “anziani”: Bianchi e Sbraga, ad esempio, si sono ripresentati con un piglio ed un atteggiamento ben diverso rispetto a quello visto in certi frangenti della passata stagione.

La scelta di metà luglio di Zebi di operare sin da subito una netta distinzione tra giocatori in uscita ed elementi su cui puntare sembra aver dato i suoi frutti in termini di motivazioni e coesione all’interno del gruppo.Ora la difficoltà maggiore è quella di saper trasformare in normalità quello che ieri è risultato qualcosa di eccezionale. Per l’adrenalina del debutto, per il modo di stare in campo sempre propositivo della Juve, per qualche episodio oggettivamente fortunato.

Ovviamente non sarà sempre così. Ci troveremo di fronte tante partite “sporche brutte e cattive”, al cospetto di squadre rintanate dietro la linea della palla, come il campionato di C impone.

E dovremo saperle interpretare con la stessa lucidità e la medesima consapevolezza mantenuta ieri per 94’, in campo e sugli spalti, che ci sarà sicuramente da soffrire ogni volta…

Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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