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domenica 24 giugno 2018 - 10:43
di Massimo Barbero

Dicembre 2010, il Novara Calcio sembra proprio un’isola felice. La squadra di Tesser è capolista della serie B con una media punti addirittura superiore a quella fatta registrare tre stagioni prima, sempre in cadetteria, dalla Juve dei freschi Campioni del Mondo. Giunti a Frosinone, esaltiamo con i nostri interlocutori la realtà di una “società modello” che, dopo aver investito sulle strutture, ha costruito una squadra vincente a costi minimi. Sulla sponda gialloazzurra invece c’è la delusione per una formazione nei bassifondi malgrado elementi anche poco impiegati ingaggiati talvolta con contratti onerosissimi (ricordo uno Stellone  a fine carriera). Il “Matusa” onestamente non ci pare granchè, l’organizzazione ci risulta lacunosa ed approssimativa.

Il contrasto tra le due realtà è marcato e l’epilogo stagionale ne rappresenterà la piena conferma: Novara in A e Frosinone in Lega Pro (malgrado nomi di spicco come De Maio, Lodi… Gianluca Sansone) con sconfitta quasi fatale incassata proprio al “Piola” a maggio. Sette anni dopo, ahinoi, l’incrocio è esattamente all’opposto: Frosinone in A con pieno merito (malgrado qualche spiacevole episodio in finale) e Novara a leccarsi le ferite come nell’ultima estate Mundial 2014. Di sicuro i ciociari nella massima serie non ci sono tornati per caso.

Ci hanno creduto, investito, provato e riprovato dopo due beffe casalinghe che avrebbero steso chiunque e che in zona alimentavano il solito scetticismo popolare (“so per certo che non vogliono salire…”).Torniamo a bomba, alla critica più mirata che si possa muovere all’attuale proprietà del Novara Calcio. Che è quella di non aver rilanciato con convinzione dopo un anno di serie A comunque dignitoso. Il grande rimpianto, secondo me, non può essere rappresentato dalla mancata salvezza nel campionato 2011-12, ma dal fatto di non aver tentato (osato) un ulteriore salto di qualità complessivo sulle ceneri di un’esperienza che rimane soprattutto positiva. Per salvarci quella volta in A avremmo dovuto precedere almeno una tra Fiorentina (Montolivo e Jovetic), Genoa (Palacio) Parma (Giovinco) o Siena (che aveva fatto investimenti che l’avrebbero portata poi ad un rapidissimo crack). Onestamente non era un’impresa tecnicamente realistica per una squadra decollata in due sole stagioni dalla C al massimo campionato. Il livello medio negli anni delle scalate di Carpi, Crotone, Benevento o Spal, con tutto il rispetto, è risultato inferiore.

Qualche errore di inesperienza e/o presunzione da parte nostra nell’allestire la rosa era probabilmente fisiologico. Sarebbe servito un miracolo sportivo, l’ennesimo e forse il più grande, da parte di un gruppo fantastico che dopo la seconda promozione consecutiva era stato rinforzato dal punto di vista tecnico, senza poter essere migliorato, perché non era migliorabile, sul piano umano e caratteriale.Il Novara capace di raccogliere 20 punti nel girone di ritorno del campionato di A rappresentava, per contro, una solida base tecnica per riprovarci subito. Ancora con “Il Sindaco”, con PippoPorcari, Beppe Gemiti, magari il corteggiato Rigoni ed il rientrante Pablo, tutti rodati da un campionato in A che li aveva cresciuti da ogni punto di vista. Con l’affetto di un pubblico tornato numeroso allo stadio (e tanti bambini-ragazzi in giro con la maglia azzurra pronti a riaccendersi ai primi segnali). Invece il Komandante è stato dapprima progressivamente privato dei “suoi” uomini eppoi frettolosamente allontanato. Ne è nata una stagione comunque esaltante (nel girone di ritorno) ma delle prospettive effimere perché i prestiti Bardi, Crescenzi e Seferovic erano giocoforza di passaggio ed era impensabile trattenere ancora in B “quel” Bruno Fernandes.

Al loro posto sarebbero arrivati altri prestiti ed altre scommesse scovate all’estero, ma non sempre le ciambelle possono uscire col buco. Anzi prima o poi si fa quasi inevitabilmente il classico “buco nell’acqua” come purtroppo è accaduto…Come accennato, l’esperienza in A poteva rappresentare anche per noi la base per tentare un’ulteriore salto di qualità da più punti di vista. Come ha fatto l’Empoli e come si appresta, forse, a fare adesso il Frosinone. Perché se si scende senza grandi mal di testa dal primo giro sulla giostra… allora si può davvero pensare di sedersi in pianta stabile al tavolo delle grandi con annesso “tesoretto” di diritti televisivi da reinvestire.Ovviamente non dimentico nemmeno le controindicazioni che resero problematica quella strada che oggi ci appare così comodamente lastricata d’azzurro. Nell’estate 2012 siamo finiti più volte a giudizio per responsabilità oggettiva per illeciti contestati ai nostri tesserati.

Quasi sempre il tutto si è risolto alla fine nella classica bolla di sapone (ed ora la Federcalcio dovrà risarcire 2 ex giocatori azzurri per l’ingiusta condanna sportiva già ribaltata dal Tnas) ma immagino quanto questa storia potesse aver dato fastidio all’epoca a Massimo De Salvo, più volte nelle aule romane della giustizia sportiva. Senza trascurare i primi scricchiolii nella nostra gestione finanziaria evidenziati nel dicembre 2012 dal ricorso al “ravvedimento operoso” (via puntualmente bocciata dagli organi disciplinari della Figc).Però la strada verso il successo, l’entusiasmo ed il seguito popolare, dopo un trentennio di oblio, era stata tracciata. Sarebbe bastato poco per riprenderla subito, per cavalcarla di nuovo. Il Novara Calcio aveva ritrovato un appeal ed un’immagine vincente dentro e fuori la città e la priorità era quella di non disperdere cotanto patrimonio.Belle parole senz’altro le mie, che però non bastano certo da sole a farci anche soltanto sperare di poter imitare il “modello Frosinone”. Servono (o sarebbero serviti) corposi investimenti. E con essi altrettanto gratificanti prospettive di rientro (almeno indiretto o nel tempo) perché non si può considerare il proprietario di una società calcio alla stregua di un eterno “bancomat” pronto ad ogni stagione a ripianare le perdite versando 5 o 10 milioni di euro per poi confidare nei gol del Maniero o del Ciano di turno per schivare le male parole della gente. E’ necessario qualcosa di più rispetto alla semplice “passione” per legare nel tempo un finanziatore ad una squadra di pallone. Quanti azionisti di maggioranza di società di calcio sarebbero disposti a realizzare a proprie spese la copertura di uno stadio che rimarrà comunque di proprietà comunale? (con le incognite del caso legate a norme sempre più severe e stringenti per garantire l’agibilità).

E’ interessante andare a leggere e ad approfondire la storia del nuovo impianto di Frosinone ora intitolato a Benito Stirpe per scoprire come anche nell’Italia attuale un’opera apparentemente dismessa, uno spreco da denuncia a “Striscia la Notizia” nel non lontano 2015, possa trasformarsi di colpo, dopo decenni di abbandono, in un “polo di aggregazione per i giovani, le famiglie e gli appassionati, come deve essere uno stadio moderno e come ce ne sono ancora pochi in Italia” (uso le parole dell’amico Roberto Monforte di Frosinone in una recente intervista per “Il Fedelissimo”). Il tutto ringraziando “L’impresa – perché di questo si tratta – è stata possibile grazie a una sinergia concreta ed efficace tra il Comune ed un gruppo privato facente capo al Frosinone Calcio ed al presidente Maurizio Stirpe”.Detto che il Novara Calcio nell’estate 2012 non ha saputo (voluto o potuto) progettare il salto di qualità ulteriore che ci avrebbe proiettato più a lungo in una dimensione solo accarezzata per un breve periodo, mi chiedo e vi chiedo se la città di Novara sarebbe stata invece pronta per accompagnare lo stesso salto di qualità qui invocato. Onestamente ho qualche dubbio… legato alla fine che hanno fatto da queste parti l’hockey, il baseball ed il basket di vertice (non a caso Cimberio nel 2007 scelse Varese) alla reiterate chiusure del “Dal Lago”, alle polemiche alimentate dalle società sportive una volta che è stato chiesto loro di lasciare lo spazio occupato al “Piola” per ragioni di sicurezza, ai ciclici mugugni dei tifosi azzurri, ad ogni sconfitta sul campo, per le opere realizzate nel contempo a Novarello.Allontanatasi per noi, almeno al momento, la possibilità di emulare il “modello Frosinone”, la strada da seguire adesso è quella percorsa dal Cittadella all’indomani della retrocessione del maggio 2015 (quando furono riammesse o ripescate praticamente tutte le altre scese dalla B, eccezion fatta proprio per il club della famiglia Gabrielli).

Quella malaugurata caduta fu l’occasione per i granata per ripartire con un nuovo ciclo con un allenatore determinato a rilanciarsi dopo un paio di stagioni in D e con una rosa assemblata a costi sostenibili e destinata a crescere ed ad essere migliorata nel tempo. In questi anni i veneti hanno fatto decisamente meglio di chi in quei giorni beneficiò di un immediato ritorno in B a tavolino (Brescia ed Entella). Senza mai dimenticare, per quanto ci riguarda, ciò che è stato il fiore all’occhiello delle nostre ultime altalenanti annate: un settore giovanile all’avanguardia che ha raccolto risultati eccellenti in ogni campionato nazionale. Ai Bove ai Collodel ed ai loro giovani compagni di avventura chiediamo innanzitutto di portare la freschezza e l’entusiasmo che quattro anni fa ci seppero trasmettere sin dalle loro prime apparizioni con i grandi i vari Beye, Dickmann e Schiavi… Per ritrovare presto la voglia di tornare allo stadio a gridare… Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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