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L'intervista a Gianfranco Campioli
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giovedì 15 novembre 2018 - 20:54
di Massimo Barbero

Novara e Cuneo hanno rappresentato i lembi estremi della carriera da calciatore di Gianfranco Campioli, furetto spezzino, classe 1968:
In realtà prima di arrivare in azzurro – ricorda – avevo già fatto una stagione molto positiva al Sassuolo, segnando 8 reti. Il ds Bacchin mi aveva voluto fortemente e riuscì a spuntarla malgrado mi avesse cercato il Mantova e la Fiorentina intendesse cedermi al Fano. Quello a Novara fu un anno positivo, di crescita. Eravamo un bel gruppo ed avevo un buon rapporto con mister Fedele. Peccato non essere riusciti a rimanere agganciati alla corsa promozione fino alla fine, come la gente avrebbe voluto… Nel ritorno si fece male Bruno Gava e cominciarono a non darci più rigori. Forse all’andata avevo esagerato, ma andarli a cercare è sempre stata la mia specialità…”.

Campioli salì comunque in C1 passando nelle file del neopromosso Casale. E nell’estate successiva, quella del 1990, gli arrivò una telefonata: “Mi cercò Sergio Borgo per chiedermi di andare alla Pistoiese. Ma loro erano in D e dunque gli promisi che in caso di promozione in C2 mi sarei trasferito da loro nell’estate successiva. La nuova chiamata arrivò puntuale. Borgo fu molto bravo a convincermi mostrandomi lo stadio di Pistoia, le maglie, i suoi compagni ed i trofei. Mi fece conoscere la storia della società garantendomi che presto ne avremmo scritto altre pagine. E così fu. Vincemmo il campionato con Bellotto allenatore. In precedenza avevamo Ventura, il tecnico che mi ha insegnato cosa dovesse fare un moderno esterno d’attacco. All’inizio non capivo nulla, ma poi i suoi insegnamenti mi sono serviti a farmi curare anche la fase di copertura che prima tralasciavo completamente…”.

I primi 3 anni in maglia arancione restano i più prolifici della carriera di Campioli, a segno per 27 volte. Rimase in C fino al ’97-98 poi andò a cercare gloria tra i dilettanti nell’ambizioso Taranto. Nel 2001 passò ad un Cuneo fortemente determinato a tornare tra i professionisti: “Al timone c’era il gruppo Asics con Franco Arese presidente. Una realtà importante, ma a quella società mancava ancora un po’ di organizzazione. Avevamo tanti giocatori in rosa, forse troppi. Ci piazzammo alle spalle di Savona ed Ivrea che ci erano certamente superiori. Dopo quell’annata decisi che era giunto il momento di tornare a casa…”.

Campioli comunque ha continuato giocare per diverse stagioni tra i dilettanti. Ed oggi, tra un impegno e l’altro, si diletta ad allenare i ragazzi: “A loro dico sempre che prima di tutto devono divertirsi. Certe qualità, come il mio dribbling, le devi avere innate. Lavorando le puoi affinare e migliorare, ma se non le hai dentro sono quasi impossibili da costruire...”.

Alla domenica va regolarmente a vedersi partite di C dal vivo: “Seguo assiduamente la Carrarese perché stimo molto Baldini, un tecnico che non è ai vertici assoluti solo per il suo carattere che lo porta a dire sempre e comunque le cose in faccia. Hanno davvero una bella squadra con tante alternative e spero sia l’anno buono per il grande salto. La partita con il Novara non ho potuto vederla allo stadio per le limitazioni che ben conoscete. Quel giorno però tutto è girato dopo il calcio di rigore. Fino a quel momento la Carrarese non aveva creato granchè. Gli azzurri hanno diversi giocatori d’esperienza e di categoria superiore. Ma devono imparare a calarsi al più presto in una realtà diversa e comunque non semplice…”.

Massimo Barbero

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